Maria
Letizia Sebastiani
Direttore
Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze
La Biblioteca Nazionale
Centrale di Firenze, nata il 22 dicembre del 1861 dalla fusione
della Biblioteca Magliabechiana con la Biblioteca Palatina, è per
l’entità e l’importanza del patrimonio conservato uno dei più
importanti istituti bibliografici italiani, nonché l’unica
biblioteca che possa documentare nella sua interezza lo svolgersi
della vita culturale della nazione dal 1861 a oggi.
Il
patrimonio librario e documentario dell’Istituto consta di
25.000 manoscritti, 4.000 incunaboli, 29.000 edizioni del sec.XVI,
oltre a 7.000.000 di volumi di edizioni a stampa, più di
1.000.000 autografi e 250.000 testate di periodici, di cui 15.000
in corso. A questo si aggiunge un cospicuo fondo di materiale
cosiddetto minore, che conserva importanti documenti prodotti
nell’ambito di attività associative, produttive e commerciali,
guide turistiche e cartoline illustrate e un importantissimo fondo
di libri d’artista, costituito da libri d’artista e
libri-oggetto, fondo paragonabile a quelli della Bibliothèque
Nationale di Parigi e delle più importanti raccolte pubbliche
europee ed extraeuropee. Le scaffalature dei depositi librari
coprono attualmente 124 Km lineari, con un incremento annuo di 1
Km e mezzo circa in quanto l’Istituto costituisce l’Archivio
nazionale della produzione editoriale italiana e gestisce tutta la
produzione digitale sia born
digital sia
prodotta da progetti digitali. Il patrimonio artistico conta una
cinquantina di opere tra busti, statue, maioliche e dipinti di
diverse epoche, alcuni di particolare interesse
storico-artistico.
Il suo notevole patrimonio relativo al
variegato mondo dell’editoria moderna e contemporanea,
comprendente libri e riviste, prime edizioni di opere del
Novecento, libri illustrati per ragazzi dalla fine dell’Ottocento
a oggi ma anche ex
libris,
illustrazioni e fumetti - dagli anni Venti del Novecento in poi,
con particolare riferimento alla nascita del fumetto nazionale -,
completato dalla presenza di autografi e manoscritti, di spartiti
e di libretti di musica e dal particolarissimo mondo del libro
d’artista, testimonianza della cultura e del gusto di un’epoca,
costituisce la memoria del Novecento, forse il secolo più
importante per la cultura italiana dopo il Rinascimento.
In
questo scrinium
ben si collocano
le raffinate e ricercate opere a “inchiostro e pennino” di
Giovanni Cavazzon. I temi delle opere esposte variano dai paesaggi
agli stupendi ritratti femminili, dalla raffigurazione di fiori ad
architetture talvolta in stato di abbandono, conducendoci
attraverso un viaggio lungo i sentieri del segno e delle linee.
E
questo viaggio non poteva che avvenire all’interno di una
biblioteca, luogo principe della “comunicazione scritta”, sede
di conservazione primaria dei pensieri e delle emozioni che l’uomo
nel corso dei secoli ha fermato al fine di renderli stabili e
durevoli, utilizzando tutta una serie di strumenti – dallo stilo
alla penna d’oca, dalla matita al pennino e poi alla penna,
dalla macchina da scrivere al computer – nei vari periodi
storici in una lunga parabola che dalla scrittura intesa come
arte, attraverso la famosa Galassia Gutenberg, ci ha condotto alla
Galassia web.
In questo scenario a regnare incontrastato per
più di un secolo è stato proprio il pennino, prodotto in mille
fogge diverse a secondo l’uso cui era destinato, accompagnato
dall’inseparabile calamaio porta inchiostro, ancora oggi
protagonista di forme d’arte raffinate come le opere di
Cavazzon, che per il loro valore artistico ben si inseriscono
all’interno di uno dei più importanti e preziosi patrimoni
storici e artistici del mondo,
gioiello
di cultura e di bellezza.
|
|