Nell’affrontare
il ritratto del Sindaco Brancati, ho voluto realizzare un’opera
che, pur nella sua modernità, mantenesse alcuni legami con la
tradizione celebrativa, secondo cui i simboli del mestiere o le
citazioni storiche evidenziano la posizione sociale del
soggetto.
Perciò ho scelto di rappresentare l’evento che
ha caratterizzato il suo mandato, posto che il Sindaco Brancati è
stato promotore del rafforzamento del dialogo e della
collaborazione tra le città di Gorizia e Nova Gorica e
dell’abbattimento del muro che le divideva: alle sue spalle,
quindi, si intuiscono le tracce architettoniche della stazione
ferroviaria Transalpina, mentre Brancati, anziché atteggiarsi in
modo rigido e celebrativo, appoggia garbatamente un braccio sul
cippo che ricorda il confine che fu costruito nel 1947. Il Sindaco
di Gorizia è sul confine e sullo sfondo si vede la Slovenia:
evidentemente questo quadro non vuol essere chiuso in se stesso,
ma aperto per permetterci di intravedere il cammino che coinvolge
l’Europa intera.
Poi ho lavorato sull’uomo Vittorio
Brancati. Nelle mie opere non vi è mai l’immagine stereotipa
del soggetto, in quanto ritengo che, ferma restando la fedeltà ai
tratti fisionomici, solo attraverso un ritratto psicologico si
arrivi al disvelamento della personalità. Sono certo infatti che
il suo sguardo, le pieghe del viso, la sua aria severa e sorniona,
raccontino molto allo spettatore. Il suo abito blu, meno austero
di un ufficiale gessato scuro, ed il tono primaverile della
cravatta rosa, ancora una volta stimolano lo spettatore ad uscire
dal confine della cornice.
Infine alcuni cenni sulle scelte
cromatiche e stilistiche.
Il cielo non è il cielo di
Gorizia, ma è un cielo neutro, evanescente: il cielo universale
sotto il quale accadono le cose.
Secondo la concezione
moderna dell’arte, alcuni passaggi non-finiti sono volutamente
lasciati come tali per dare spazio alla libertà di
interpretazione.
Giovanni
Cavazzon
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