Giovanni Cavazzon
Sorelle mie - P.P.S Editrice – Parma, 1995

LILITH

Dopo l’invasione
Lilith
con un tonfo
si lasciò mondare
dalle originarie trasparenze del Mar Rosso
e ne riemerse savia

Il crepuscolo primo
volle una china nudità
sull’infinita sabbia senza orme
e purpuree nell’aria
velature estrane

Intanto aveva smesso il dio
di risoffiare
sulla polvere pura o sul pattume
del suo Bengodi
e il giusto òfide
si apparecchiava ritto fra il fogliame

L’alba seconda
Lilith sopravvisse
e la terza
e la quarta
e forse cento o più
sola
Ma si saprà
sicuro
si saprà
che sulla costa arabica
con inchiostro di mestruo
in un’era di favola
scorbiata fu
la guisa intraducibile di un verso



LILITH (scritti javistici) – Secondo la mitologia ebraica fu la prima donna. Adamo la ripudiò per la sua disobbedienza. Non creata da una costola dell’uomo, come in seguito Eva, ma direttamente da Jahvé con sudiciume e sedimenti, turbò Adamo apparendogli piena di saliva e di sangue. Nell’atto sessuale pretendeva di invertire le posizioni; al rifiuto di Adamo, Lilith, furibonda, l’abbandonò. Adamo restò solo e disperato: “Ho cercato nel mio letto, la notte, colei che è amore della mia anima, l’ho cercata e non l’ho trovata”. Lilith era lontana sulle sponde del mar Rosso. Da allora è diventata l’incubo notturno degli uomini: monito della loro fragilità, della loro vulnerabilità nell’atto amoroso. Giorgio Belledi


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