Giovanni Cavazzon
Intorno a Venus

Giovanni Cavazzon, Maestro dell’accento cromatico, tinge di rosso il filo del Tempo delle donne.
- Non può essere di altro colore - afferma l’artista, disponendo con cura il fluire ininterrotto del gomitolo ai piedi delle Moire, le tre dee del destino, della mitologia greca: Cloto, la filatrice della vita; Lachesi, colei che “fissa” la sorte; Atropo, la irremovibile fatalità della morte.
Sono le figlie di Zeus e di Temi, le figlie della Notte. Presiedono ai tre momenti culminanti della vita: la nascita, la maturità e infine la morte.
Per Platone le Moire sono figlie della Necessità e cantano il passato, il presente e il futuro. Giovanni Cavazzon le ritrae in piedi, nude, consapevoli e sorridenti. A sinistra la prima emerge da una luce aurorale liquida e argentea; a destra la terza dea si circonda di un buio cosmico infinito. L’alternarsi ritmico e circolare di pieno e vuoto evoca l’ineluttabilità cieca delle Moire, ed esprime la fissità delle leggi fisiche naturali. 
In Sofocle però, il loro potere si esplica più all'interno dell'animo umano che secondo costrizioni esterne, e al suo dire si accorda il pensiero di Giovanni Cavazzon, che evidenzia nei grandi nudi femminili dalle forme tornite ed accoglienti, l’animo delle donne, i loro languori, i loro dubbi, la loro sensualità.
Incompiute e per sempre giovani, attraverso queste caratteristiche esprimono la misteriosa forza del divenire. In viaggio, attendono la sorpresa della vita e della morte.
Proprio a questo scopo l’artista le dispone dentro una cassa da imballaggio e trasporto.
Ogni sua ultima installazione, infatti, è data da un’opera mai chiusa e fissata entro i limiti di una cornice, ma contenuta e protetta da tavole di ruvido legno vergine, che predispongono metaforicamente al viaggio e all’incontro con l’inatteso.
Al loro interno figure eleganti, ritratte con tecnica ineguagliabile, fanno pensare a statue di marmo di epoca classica: belle per la postura sontuosa e aulica, forti per la scelta meditata del colore artificiale. Per questo, quando si visita un’esposizione di Giovanni Cavazzon, si ha la sensazione di essere all’interno di una gipsoteca in procinto di traslocare.
Solo ad una lettura più attenta comprendiamo che si tratta, invece, di opere su carta leggera, intelata.
- Come scenografo amo lavorare su questo materiale che permette esecuzioni veloci ma di grande effetto, leggibili in profondità anche da molto lontano - dice l’artista, - inoltre ogni opera si relaziona con le altre, come avviene per le quinte teatrali, permettendo lo sviluppo di un discorso, compiuto lungo l’intero percorso espositivo -.
In occasione della mostra DONNE, è la mitologia greca e la cultura classica (vedi le Veneri, Diana, Paride e Afrodite, Apollo e Dafne) ad offrire occasioni di riflessione sul tema che sta a cuore a Giovanni Cavazzon: il problema del Tempo come categoria costitutiva dell’esistenza. Studi e copie di capolavori dell'arte antica sono utilizzati soprattutto per fissare i punti chiave della composizione. Lo schema base, costituito da figure in piedi o sedute, viene arricchito da particolari materici tridimensionali: tessuti, frammenti di polistirolo, legni levigati dalle correnti. 
Il tipico riferimento all’acqua appare cercato soprattutto nei primi lavori della serie, in cui si coglie maggiormente il sottile rapporto simbolico tra gli oggetti, i corpi e gli eventi.
Questa relazione permette alle donne di Giovanni Cavazzon di fremere, con vitalità inebriante, da protagoniste. Sono donne che osano dirsi completamente, senza compromessi, e perciò si manifestano a prototipo della complessa femminilità contemporanea.

ALESSANDRA SANTIN
"Le Moire di Giovanni Cavazzon"
(Naonis Art, 10 marzo 2008)



Le Moire
installazione
(2008)


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