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Giovanni
Cavazzon |
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GABRIELLA IZZI BENEDETTI per "Inchiostro e pennino" L'incontro con le opere a inchiostro e pennino di Giovanni Cavazzon è di quelli che lascia il segno. Esposte nel mese di ottobre 2015 presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, hanno catturato l'attenzione del pubblico per la loro eleganza, in uno snodarsi di figurazioni che accompagnano, euritmiche, la narrazione dell'artista. Per me è stato momento di forte emozione, e sono grata al Maestro Cavazzon per aver accettato l'invito a proseguirne l'esposizione presso la Biblioteca Raffaele Mattioli di Vasto, in un itinerario che, di volta in volta, toccherà realtà più o meno grandi della nostra penisola, con un punto fermo: la biblioteca quale luogo espositivo d'elezione. Fra le varie tecniche di cui è esperto, Giovanni Cavazzon, in questa particolare rassegna itinerante, ha privilegiato l'uso del pennino. Egli ci mostra il fascino del segno realizzato a inchiostro, difficile tecnica poiché, nota: "L’inchiostro non permette di cancellare ed obbliga ad una immediatezza di segno carico della rapidità d’esecuzione a tutto vantaggio della diretta comunicazione tra il pensiero e la realizzazione". Accostandosi alle sue opere si rimane stupiti dalla sicurezza della traccia, dalla leggerezza, che in alcuni casi raggiunge l'impalpabilità; in altri contesti si carica di robustezza, creando un viluppo di suggestioni. Una dimensione pittorica, la sua, ricca di spunti scenografici (in linea con il suo percorso di studi in scenotecnica) e di un sottile senso liberatorio nello sfumare della fisicità, nella tensione verso l'alto, in passaggi cromatici dolci, e modulati. In questo diario dell'anima s'intrecciano la memoria dei luoghi, gli echi del mondo classico, e romantico, e via via più recente, non esclusa una tentazione crepuscolare, gli accadimenti del vivere con la loro quotidianità, il loro carico di affetti, memorie, con l'esigenza del recupero visivo di spazi, strutture e l'eterno fascino del mondo naturale; il tutto trasfigurato in percezioni volumetriche. Amabilità di sguardi, acutezze psicologiche, coniugate ad ariosità di paesaggi, e in contrasto il lato oscuro del vivere, l'angoscia, il dramma come nello straordinario Nido violato. Quel che è certo, è che l'artista non cede al lezioso, trova un raro equilibrio, e dai chiaroscuri emerge una volontà di racconto personalissimo, privo di supporti precostituiti. La produzione artistica di Giovanni Cavazzon, nato a Luino (Varese) ma da molti anni residente a Udine, è un percorso di ricerca delle radici d'espressione visiva. Un tessuto storico analizzato in senso oggettivo e soggettivo, che lo porta instancabilmente a mettersi in gioco, metabolizzare e ricreare, non solo con l'inchiostro; infatti le tecniche di cui si avvale sono varie. E così i soggetti, per un artista che, attraversando, come detto, la lezione classica, la romantica e inevitabilmente le varie correnti pittoriche comprese avanguardie e post, raggiunge un'autonomia espressiva, una sorta di eclettismo che fa delle sue creazioni una realtà a se stante, esclusiva, con alla base un che di fantastico, favolistico, all'interno di un discorso figurativo mai tradito e che però subisce invenzioni sublimanti e rarefatte. Un mondo interiore sicuramente eufonico, sicuramente ricco di calore umano affiora in tutte le opere, nella riproposta di una mitologia "assolta" dal tempo, e inserita al di fuori di esso; nei ritratti nei quali l'artista coglie la misura e l'indice dell'interiorità, spesso proposti in risoluzioni dinamiche - altra peculiarità della sua produzione; affiora in opere dal tema religioso, tra le quali L'Ultima Cena; quest'opera, fortemente simbolica e suggestiva è stata studiata nel bozzetto ad inchiostro e poi realizzata in tempera acrilica su tavola di cm.200x100, e conservata presso il Museo Diocesano di Arte Sacra Sant'Apollonia di Venezia. E' un mondo che affiora soprattutto nelle tante figure femminili, sinuose, bellissime, (ampio e seducente il campionario delle Veneri), che appartengono al pianeta dell'immaginario dell'artista, figure dove la corporeità è coinvolgente, definita da masse, forme e acceso cromatismo, oppure dove sfuma nella tenuità del sogno e della nostalgia. |