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 | ALESSANDRA
			SANTINLE MOIRE di Giovanni Cavazzon
 (Naonis
			Art,
			10 marzo 2008)
 
 Giovanni Cavazzon, Maestro dell’accento
			cromatico, tinge di rosso il filo del Tempo delle donne.
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			Non può essere di altro colore - afferma l’artista, disponendo
			con cura il fluire ininterrotto del gomitolo ai piedi delle Moire,
			le tre dee del destino, della mitologia greca: Cloto, la filatrice
			della vita; Lachesi, colei che “fissa” la sorte; Atropo, la
			irremovibile fatalità della morte.
 Sono le figlie di Zeus e
			di Temi, le figlie della Notte. Presiedono ai tre momenti
			culminanti della vita: la nascita, la maturità e infine la
			morte.
 Per Platone le Moire sono figlie della Necessità e
			cantano il passato, il presente e il futuro. Giovanni Cavazzon le
			ritrae in piedi, nude, consapevoli e sorridenti. A sinistra la
			prima emerge da una luce aurorale liquida e argentea; a destra la
			terza dea si circonda di un buio cosmico infinito. L’alternarsi
			ritmico e circolare di pieno e vuoto evoca l’ineluttabilità
			cieca delle Moire, ed esprime la fissità delle leggi fisiche
			naturali.
 In Sofocle però, il loro potere si esplica più
			all'interno dell'animo umano che secondo costrizioni esterne, e al
			suo dire si accorda il pensiero di Giovanni Cavazzon, che
			evidenzia nei grandi nudi femminili dalle forme tornite ed
			accoglienti, l’animo delle donne, i loro languori, i loro dubbi,
			la loro sensualità.
 Incompiute e per sempre giovani,
			attraverso queste caratteristiche esprimono la misteriosa forza
			del divenire. In viaggio, attendono la sorpresa della vita e della
			morte.
 Proprio a questo scopo l’artista le dispone dentro
			una cassa da imballaggio e trasporto.
 Ogni sua ultima
			installazione, infatti, è data da un’opera mai chiusa e fissata
			entro i limiti di una cornice, ma contenuta e protetta da tavole
			di ruvido legno vergine, che predispongono metaforicamente al
			viaggio e all’incontro con l’inatteso.
 Al loro interno
			figure eleganti, ritratte con tecnica ineguagliabile, fanno
			pensare a statue di marmo di epoca classica: belle per la postura
			sontuosa e aulica, forti per la scelta meditata del colore
			artificiale. Per questo, quando si visita un’esposizione di
			Giovanni Cavazzon, si ha la sensazione di essere all’interno di
			una gipsoteca in procinto di traslocare.
 Solo ad una lettura
			più attenta comprendiamo che si tratta, invece, di opere su carta
			leggera, intelata.
 - Come scenografo amo lavorare su questo
			materiale che permette esecuzioni veloci ma di grande effetto,
			leggibili in profondità anche da molto lontano - dice l’artista,
			- inoltre ogni opera si relaziona con le altre, come avviene per
			le quinte teatrali, permettendo lo sviluppo di un discorso,
			compiuto lungo l’intero percorso espositivo -.
 In occasione
			della mostra DONNE, è la mitologia greca e la cultura classica
			(vedi le Veneri, Diana, Paride e Afrodite, Apollo e Dafne) ad
			offrire occasioni di riflessione sul tema che sta a cuore a
			Giovanni Cavazzon: il problema del Tempo come categoria
			costitutiva dell’esistenza. Studi e copie di capolavori
			dell'arte antica sono utilizzati soprattutto per fissare i punti
			chiave della composizione. Lo schema base, costituito da figure in
			piedi o sedute, viene arricchito da particolari materici
			tridimensionali: tessuti, frammenti di polistirolo, legni levigati
			dalle correnti.
 Il tipico riferimento all’acqua appare
			cercato soprattutto nei primi lavori della serie, in cui si coglie
			maggiormente il sottile rapporto simbolico tra gli oggetti, i
			corpi e gli eventi.
 Questa relazione permette alle donne di
			Giovanni Cavazzon di fremere, con vitalità inebriante, da
			protagoniste. Sono donne che osano dirsi completamente, senza
			compromessi, e perciò si manifestano a prototipo della complessa
			femminilità contemporanea.
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