Giovanni Cavazzon
Sorelle mie - P.P.S Editrice – Parma, 1995

IPAZIA D’ALESSANDRIA

Alfabetava
il ghiaccio delle stelle
gli interstizi
le coniche
i cerchi
i roteamenti
tutti i similori del cielo
dentro l’astersa notte
di Iside
con il suo vidicon acceso

I tastisuoni
il teonico raggio
le nostalgie plotine
Pappo e il suo cubo
l’Almagesto
i Data
l’Ottica
l’algebra morbosa
Socrate
Aristarco
pigiavano il Museo

Il giorno
nella mitezza assolata
sotto il mantello
fertile
savia perimetrava
fra gli uomini d’Alessandria
la svelante parrhesia
che non tollerò
l’Episcopo



IPAZIA D’ALESSANDRIA (375 d.C.? - 415 d.C.) – Ipazia, figlia del filosofo Teone, si dedicò prima allo studio delle scienze matematiche e astronomiche, quindi alla filosofia rifacendosi a Platone e ad Aristotele. Erede di Plotino, divenne maestra indiscussa del neoplatonismo, che insegnò per vent’anni al Museo d’Alessandria d’Egitto. Chiunque ad Alessandria volesse acquisire cognizioni di filosofia, astronomia, matematica, accorreva dalla casta Ipazia che, mantello sulle spalle, al Museo o nel mezzo della città, divulgava il sapere pubblicamente. Le idee ellenistiche di Ipazia, per il loro contenuto pagano e matriarcale, contrastavano con quelle della nuova religione cristiana propagandate da Cirillo. Il partito degli episcopi la punì dandole una morte ignominiosa. La trascinarono sino alla chiesa e qui, strappate le vesti, la uccisero a colpi di coccio. Dopo averla fatta a pezzi, cancellarono ogni traccia col fuoco. Giorgio Belledi


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