Il
tema dell’Ultima Cena è particolarmente affascinante e per un
artista costituisce una sorta di sfida, proprio per la grande
concentrazione di temi ed anche per la difficoltà tecnica e
scenografica che comporta.
Ho provato ad affrontare questo
quadro a modo mio, partendo innanzitutto da un punto di vista
diverso da quello a cui la tradizione mi ha abituato, per provare
a dare nuove prospettive e suggestioni. Ho poi scelto di
raffigurare l’immagine di un solo modello per rappresentare
l’unicità del messaggio cristiano e perché tutti noi siamo
parte di tutto e tutto è parte di ognuno di noi.
Già
nell’impostare il disegno ho provato un grande coinvolgimento
che si intensificava via via, mentre il quadro prendeva forma e
colore: non mi sentivo spettatore di ciò che si andava svolgendo
in una qualche stanza, ma mi sentivo pienamente partecipe
dell’avvenimento. Avvertivo il vociare degli Apostoli, sentivo
su di me lo sguardo del Cristo, mi sentivo colpire dalla
luce.
Ecco, la luce. Questo è un elemento che ho ritenuto
particolarmente importante: è degradante, si irraggia da diversi
fuochi e raggiunge anche Giuda, il peccatore. Ma non colpisce
tutti: cambiando la lettura del quadro, gli uomini non sono più i
dodici apostoli ma sono metafora dell’umanità. Un personaggio è
chino, ma basterebbe un suo atto: basterebbe che si alzasse e
sarebbe abbracciato e scaldato da quella luce.
E quella luce
scalda anche me.
Giovanni Cavazzon
Menzione
speciale della Giuria
del premio della
X BIENNALE DI
ARTE SACRA
“L’ULTIMA
CENA”
Il
tema è incentrato sulla luce che brilla sulla mensa, con
l’effetto delle pitture su vetro medievali.
La plasticità
delle figure anima il parallelismo, accentua le linee ritmiche che
inseguono i movimenti e gli atteggiamenti coordinati dei
commensali. Il colore fluido e armonioso previene o suggerisce la
concatenazione compositiva.
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