E’
un volto umano, non divino.
E’ il volto di ogni uomo,
capace di comunicare se stesso con lo sguardo.
Lo sguardo è
sereno, composto e consapevole, così come lo sono il volto ed il
gesto. Serenità, compostezza e consapevolezza assolute. Così
assolute da essere divine, non umane.
Perché chi mi guarda
non è un uomo, ma quel figlio di Dio che sta per compiere il suo
grande gesto.
Il figlio di Dio guarda verso il Cielo. Allora
com’è che io posso incrociare quello sguardo? Sono forse Dio?
No. Tuttavia sono figlia di Dio. E’ per quel fiato divino che mi
dà vita e che è in me, che quel figlio di Dio incrocia il suo
sguardo con il mio. Proprio mentre guarda verso il Cielo. E’ per
quel fiato divino che mi rende parte attiva del Cielo.
E chi
sono quegli altri dodici uomini? L’uno attento al gesto sublime
del figlio di Dio, l’altro attento a spostare il bicchiere prima
che un moto inconsapevole lo faccia cadere. Due scambiano idee,
uno raccoglie qualcosa, l’altro comprende l’orrore del
tradimento.
Ma è sempre lo stesso uomo.
O sono sempre
io? Io che nella mia umana mutevolezza sono ora Giuda, ora Pietro,
ora Giovanni, ora Tommaso? Io che nella verità, di fronte a Dio e
di fronte agli uomini non mi posso nascondere dietro alcun
velo?
Luci ed ombre mi inquietano.
Lo sguardo del figlio
di Dio mi riabbraccia: la sua serenità, compostezza e
consapevolezza mi confortano e mi rassicurano.
Anna
Pascolo
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