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ERALDO
DI VITA
Il realismo romantico di Giovanni Cavazzon
Le
opere di Giovanni Cavazzon seducono con la forza del disegno e del
colore. Con estrema precisione l’artista rappresenta la società
moderna nel suo ambiente, soprattutto quello psicologico e
architettonico.
La sua pittura ha attraversato diversi
periodi di ispirazione, come “intorno a Venus”, dove il corpo
femminile è idolatrato alla stregua della Dea dell’Amore, con
quei nudi cerulei, rosei, eburnei (che sono anche i titoli di
alcune opere), dove il disegno, le proporzioni e i colori
diventano le caratteristiche più salienti e riconosciute di
questo Maestro.
Nelle opere di Cavazzon la figurazione
classica è inserita spesso in un contesto installativo moderno
(pitto-installazione), quando le immagini vengono inserite, quasi
imballate, in scatole di legno, nelle quali vengono introdotti
elementi di polistirolo colorato in verde o azzurro, per dare
l’impressione della spiaggia (“Venere al bagno”) o del prato
(“Colazione sull’erba”), fino alle ardite composizioni di
“Apollo e Dafne” e “Paride e Afrodite”, dove al di fuori
del dipinto imballato si stagliano sculture sagomate nel legno.
I
disegni in grafite o matite colorate ci introducono nel mondo
Leonardesco della figura umana e Michelangiolesco della Creazione
del Mondo.
Anche nel ritratto Cavazzon diventa lo “specchio
dell’anima” del soggetto, dal quale traspare la vera essenza
del suo spirito.
E’ questa la differenza fra il ritratto e
la fotografia pura e semplice, tra lo “specchio interiore” e
quello “esteriore”.
Il ciclo delle “Baccanti” si
concretizza con l’apoteosi di quella “Baccante” su fondo di
botte del ‘700 e con “Le Baccanti e l’uva”.
Lo stile
personale di Giovanni Cavazzon si riconosce non soltanto nella
forma e nella struttura dei quadri, ma anche nel contenuto e nelle
tematiche.
Cavazzon ha portato la pittura fino al limite
della realtà, servendosi di motivi e tecniche convenzionali, ma
arricchendoli di sfaccettature personali e innate che attraggono
l’osservatore all’interno della scena e lo coinvolgono
emotivamente.
E’ necessario penetrare a fondo in un
soggetto per poterlo riconsiderare e Cavazzon lo fa assimilandolo
completamente nei suoi tratti fondamentali, dove è possibile
riconoscere il tipico metodo della concezione romantica
dell’arte.
Non a caso il processo artistico di Cavazzon
insiste proprio su questi motivi, classicismo e romanticismo, in
quanto l’elemento soggettivo dei suoi quadri si spiega con il
fatto che è impossibile trasmettere bellezza ad un “oggetto”
senza una sua partecipazione “espressionista”.
Cavazzon è
artista dalla raffinata purezza del modellato, dalla disinvolta
naturalezza di rappresentare il sacro ed il profano.
Le
componenti culturali di Cavazzon scavano nell’arte del
Rinascimento. Il suo atteggiamento, del resto, anche sul piano
delle convinzioni e della poetica, è quello dell’artista da
atelier, che va nella sua “bottega” ogni giorno (come ai
tempi) e puntualmente, come un orafo, pone mano al suo
lavoro.
Cavazzon non dipinge soltanto ciò che vede nelle
cose vere del mondo degli uomini, ma anche il soffio, lo spirito,
il sorriso, la luce interna o la tenebra: sa cogliere l’essenza
del soggetto.
Non c’è dubbio sulla portata innovatrice
dell’azione pittorica cavazzoniana; tutta la sua formazione
culturale e spirituale è un appello al positivismo mitteleuropeo,
dove lo scopo supremo della pittura non è solo la
rappresentazione degli oggetti, ma quello di esprimere delle idee,
traducendole con un linguaggio personale ed emotivo.
Nei
disegni, dove l’abilità dell’artista non può sfuggire
all’occhio critico, Cavazzon è uno dei pochi in Italia che
sappia delineare con naturale abilità, con percezione
irremovibile, con soluzioni estetiche piene di classico
romanticismo, per le linee espressive, il senso metrico della
luce-colore. In lui c’è la forza pura della forma che si
colloca in uno spazio di contenuta solennità. Cavazzon cerca e
trova la profondità col risultato prospettico delle proporzioni,
con un metodo di rigida plasticità, che può apparire neoclassico
in un primo momento, invece è atteggiamento rigoroso, fra il
gioco esperto delle antiche e delle nuove cadenze, l’armonia
composta delle curve e dei colori che fanno risaltare i tondo, gli
ovoidi dei visi e dei ritratti, modelli messi al riparo del tempo
e della storia, come per una gelosia imponderabile.
I nudi di
Cavazzon evocano sensazioni emotive, senza affanno; sono dei nudi
casti, mai volgari, sensuali e mai sessuali, mai erotici e spesso
eroici, sono purificazione del sentimento, evocazione della vita e
della natura, come un invito perentorio a non scindere l’opera
dal suo creatore, che sembra compenetrarlo di quella storia che
dalla pittura toscana del Trecento, attraverso la Venezia
settecentesca, arriva agli impressionisti e rientra in Italia
seguendo l’espressionismo e il realismo.
L’artista
autentico nasce così, dalle cose più semplici. Le idee vengono
dopo, come confronto con le cose. L’opera d’arte nasce da un
atto d’amore col mondo, per un bisogno di vivere di più e
fermare con l’immagine una porzione di tempo più lunga della
vita stessa dell’artista.
Cavazzon conosce bene il nudo
nella storia dell’arte, da quello di Botticelli in poi, dalle
figlie di Venere di Rodin, a Coubert, ai nudi ampollosi di Renoir,
delicati di Degas, sensuali di Modigliani. Li ha studiati a fondo
prima di indagare sul corpo umano femminile alla sua maniera, con
la sua arte personale; il corpo come sintesi di bellezza e
armonia, il corpo “senza difetti”, con l’attenzione alle
misure classiche, ai canoni di derivazione greca, che
l’espressionismo o le transavanguardie abbandonano per dare
spazio ad una rappresentazione del corpo che non ha paura di
mostrarsi davvero com’è, che suggerisce sensualità, ma svela
anche ansie e angosce; una ricerca fra l’ideale estetico e
l’accettazione del corpo reale, una tensione continua che
neppure l’arte può risolvere.
Espressione di valori che
cambiano e di certezze che svaniscono, il corpo nudo resta l’unico
dato invariabile dell’esistenza, il mezzo di relazione col
mondo, fonte dell’ossessione di molti artisti.
Ma non per
Giovanni Cavazzon, che del nudo artistico ha fatto il suo modo
personale di fare arte, nudo messo in scena per dare vita ad
un’azione, corpi che provocano e che a volte sono esposti
proprio per provocare desiderio, per accendere ansie che non
lasciano indifferenti.
Tutte queste immagini che Cavazzon ha
prodotto e che coltiva, testimoniano la sua straordinaria capacità
di indagare oltre al corpo anche l’animo umano, senza giudizi
morali o conformismi, ma con grande penetrazione psicologica.
E’
sufficiente osservare i volti e gli atteggiamenti di opere come
“Paride e Afrodite” e “Apollo e Dafne” per riscontrare
l’accettazione nel primo e il diniego nel secondo (mani che
attraggono e che respingono).
Il vero artista si riconosce da
qui, come se fosse un regista teatrale cui non sfuggono
l’importanza di un gesto o di un atteggiamento del volto,
tecniche basilari della comunicazione.
In definitiva, la
pittura di Cavazzon rivendica le radici di un naturalismo che finì
per radicarsi in tutta l’Italia settentrionale, una linea che
prosegue ininterrotta da Caravaggio a Giacomo Ceruti.
Siamo
di fronte ad un pittore che conduce verso il Tremila una
figurazione degna delle nostre più grandi tradizioni artistiche.
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