|
MARTA
DI BENEDETTO
Giovanni Cavazzon
Insegnante
di educazione artistica fino al 1987, Giovanni Cavazzon è in
realtà uno scenografo, diplomatosi a Parma nel 1960. Attivo da
oltre trent’anni in campo artistico, compie le prime
sperimentazioni pittoriche nell’àmbito della scenografia
manuale costruendo pannelli e fondali di teatro.
E’
l’ambientazione del personaggio sulla scena che gli fornisce un
primo spunto per lo studio della rappresentazione pittorica della
figura. Presi in posa diretta, i suoi primi modelli erano dei
bagnanti sulle spiagge di Bibione, delle persone qualunque colte
nella quotidianità del loro vissuto. Nasce così l’attività di
ritrattista su commissione, svolta ancora oggi per personaggi, più
o meno noti, del mondo del teatro e della politica.
Al di là
dell’importanza sociale dell’individuo, l’artista va a
cogliere la personalità del soggetto rappresentato, andando oltre
al semplice dato fotografico, per dar vita ad una galleria di
immagini psicologicamente caratterizzate. Basti pensare al
ritratto di Alessandra Guerra in cui una figura dall’aria
stranamente seria e pensosa sembra suggerirci la presenza di una
persona nella sua interezza di donna, ben più evocativa della
solita immagine di propaganda politica.
Opere d’arte
quindi, che si vogliono studi di persona e non dei semplici
ritratti mercenari. Del resto Giovanni Cavazzon possiede una
propria personalità artistica ben consolidata se guardiamo ai
suoi cicli pittorici. Le sueVeneri,
ad esempio, nascono da una riflessione consapevole sulla figura
classica della Venus, dea, ma non solo tale, in un gioco continuo
di rimandi eruditi e constatazioni personali. Dalla statua
marmorea alla figura in carne ed ossa della modella, Venere
diventa infatti la donna nella sua essenza, la madre della
femminilità, il simbolo stesso di ciò che il sesso femminile
rappresenta: la vita.
Questo superamento concettuale della
figura classica della dea prelude, in certo qual modo,
all’ambientazione moderna del mito, al suo inserimento nello
spazio abitativo moderno.
La bellezza prende vita, così, all’interno di scatole lignee
per imballaggi con, alla base, polistirolo non
assemblato.
Allusione ai trasferimenti delle opere d’arte
da un museo all’altro, ma anche gioco sottile di ironia su una
figura mitica, ricca di rimandi eruditi. Nascono da qui i continui
omaggi ai capolavori del passato, quali la Bagnante
di
Ingres o il nudo di Manet del suo Déjeuneur
sur l’herbe.
Rimandi
poco convenzionali se guardiamo alla Colazione
sull’erba di
Giovanni Cavazzon, dove il déjeuneur
di
Manet si riduce ad una mela ritagliata nel compensato ed affondata
in uno strato di polistirolo. Non diversamente dalla Venere
al bagno in
cui una donna dall’aria disinvolta fuma tranquillamente una
sigaretta...
Pittore in bilico tra memoria e modernità, come
sono in bilico le sue opere tra il genere pittorico puro e
semplice e l’installazione. Molte opere hanno in effetti uno
spessore concreto, dato dalla presenza del polistirolo o del
compensato ritagliato, inseriti nella cornice di casse da
imballaggio aperte. Basti pensare al Paride
e Afrodite,
ad esempio, simile al successivo Apollo
e Dafne,
dove le figure maschili sono poste al limitare del quadro, quasi a
caratterizzare con la loro diversa consistenza materiale,
l’estraneità effettiva dell’uomo al mondo femminile.
Dal
ritratto su commissione alle opere più personali, Cavazzon non
cessa quindi di affermare la possibilità della pittura di
prendere possesso del soggetto rappresentato, abitandolo
dall’interno e trasformandolo nella raffigurazione concreta di
una immagine solo pensata, creata dalla fantasia del pittore.
|