|
VANJA
STRUKELJ
dalla
prefazione di "Sorelle mie"
Il
punto di tangenza tra pittura e poesia nasce dalla possibilità di
evocare un se pur lontano e simbolico "ritratto", di
portare in superficie un frammento di identificazione destinato a
slabbrarsi nel vuoto del foglio bianco. Le "parole"
dell'immagine sono carpite dal vocabolario della storia e si
trasformano in un fluire della linea di cadenze Art Nouveau;
Cenerentola cita "Il ragazzo morso da un ramarro", la
canoviana Giulia espone l'esasperato turgore delle labbra,
Cleopatra e Lucrezia trovano nel contrasto tra l'illusionismo
fotografico del volto e il decorativismo piatto dell'acconciatura
evocazioni klimtiane, mediate attraverso la messa in scena dei
manifesti di Mucha, altrove la grafia sembra rimandare a memorie
dureriane. L'impaginazione tuttavia di questi brani da ricomporre
resta costantemente improntata alla ricerca di una evidenziazione
di alcuni elementi significanti (la bocca, le mani, il volto), che
conquistano l'attenzione dello spettatore attraverso la loro
centralità, il loro risalto plastico, a volte l'esibizione di una
sensualità rimarcata, ma sono destinati poi a subire un processo
di metamorfosi, a perdere la loro fisicità per trasformarsi in
materia altra, per divenire semplici ombre, per scomparire. E il
disegno segue così la poesia nella segreta alchimia delle parole.
|