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PAOLO
TIETO
Giovanni
Cavazzon: un maestro singolare ed audace.
Pittura
essenzialmente di concetto quella di Giovanni Cavazzon, con radici
remote, ai limiti della più pura, vera classicità; pittura
ispirata alla divinità, al mito generato dalla fervida
immaginazione di popoli lontani, di uomini continuamente alla
ricerca di entità misteriose, di potere sovrumano. Tutto questo
sia nelle argomentazioni dei suoi elaborati sia nell’aspetto
oggettivo, il quale, ancorché attuato coloristicamente, presenta
costantemente forza plastica e vigore, rotondità e movimento di
singolare spessore. Immagini estremamente raffinate, delineate con
lievità e precisione nel più assoluto rispetto delle forme dei
modelli proposti, ma anche con tocchi, e non di sottovalutabile
entità, molto personali, in grado di evidenziare nettamente le
particolari qualità grafico-creative di questo forbito ed
elegante artista. Qualità rilevabili in particolare modo nelle
sue ormai numerose celebri Veneri, rappresentate con la doppia
ottica di splendide immagini femminili e di deità pagane, ovvero
di perfetti esseri ultraterreni, di carattere trascendentale.
Effigi ancora, queste, rappresentative dell’arcano, nel
carattere e nelle peculiarità formali con aspetti rasenti
l’impeccabilità, la compiutezza totale dell’assunto
illustrato e nelle colorazioni con timbri tonali commisti a
credenze e a convinzioni di antiche tradizioni, di epoche lontane:
dallaVenus
Caerulea,
ovvero rivestita di turchino, di riverberi di cielo profondo, a
quella dall’incarnato rosato, all’altra ancora modellata con i
chiaroscuri di candido avorio, giustamente a personificare l’alta
regalità, la somma gloria.
E continua quindi l’artista la
propria narrazione su tale registro, ovvero sul filo della
concettualità e della allegoria con Iuno,
dove la dea Giunone, attraverso la sublimazione delle proprie
fattezze fisiche, divinizza quanto conferisce ad esse dinamismo e
vitalità, il proprio essere interiore, il proprio spirito. Scena
questa resa senza dubbio ulteriormente originale e innovativa
dalla presenza di un drappo, non dipinto ma effettivo, che crea
dualità di forma sotto il profilo realistico rappresentativo;
modo davvero insolito di conferire aspetto, concretezza
all’ideazione umana. E al carattere metaforico torna ancora
Cavazzon con le due pirografie su pioppo ispirate a Eva nel
Paradiso Terrestre, intitolate per l’appunto Eden,
nelle quali ha il sopravvento, con esiti di sorprendente effetto,
l’aspetto segnico, di marchio lapideo, delicatamente esaltato
dal rosso purpureo della ingannatrice mela.
Sono tanti, in
verità, gli espedienti a cui questo singolare audace maestro
spesso ricorre per vitalizzare di nuova linfa l’arte
plastico-figurativa del nostro tempo, allo scopo di rinnovarla e
di renderla maggiormente aderente alle reali istanze dell’uomo
moderno, delle persone tutte. Dalla iniziale Nascita
di Venere,
in cui la dea appare a mezz’aria, in etereo profilo, stagliata
tra cielo e mare, alle due installazioni Paride
e Afrodite e Apollo
e Dafne,
dove invece l’essere umano si innesta nello stesso quadro
diventandone parte integrante, completamento. Questi ed altri
accorgimenti ancora messi in atto da Cavazzon fanno sì che i suoi
lavori suscitino nell’appassionato d’arte curiosità ed
interesse, inducendolo quindi a porsi quegli interrogativi che
portano a più ampia e puntuale lettura della disquisizione
pittorica e, conseguentemente, a maggiore assimilazione dei valori
ad essa intrinseci, giacché l’opera d’arte, prima ancora di
fatto estetico, di appariscenza, è argomento di intelletto, è
sapere, conoscenza. Particolarità costantemente vive sia
nell’estro inventivo sia nella creatività oggettiva di
Cavazzon, che riesce perciò ad abbinare ottimamente entrambi gli
aspetti, a coniugare le particolari istanze di genialità e di
consistenza visiva sempre in perfetta consonanza, in pieno accordo
e armonia, nei presupposti e negli aspetti prospettati dalla vera,
dalla autentica arte.
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