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STEFANIA
VOLPE
Apollo e Dafne.
Una
mano tesa riempie il vuoto fra la donna-ninfa e una sagoma
riconoscibile solo nel profilo, simbolo di giovinezza e bellezza,
inventore della lira, quello strumento che sporge a lato uscendo
dallo spazio dell’opera: la storia di Apollo e Dafne continua, è
senza alcun limite di conoscenza e di tempo. Tutto è racchiuso in
una cassa vissuta, che diviene una dimensione successiva a quella
dell’opera, dove il mare e il cielo aumentano gradatamente il
loro effetto di lontananza, creando quel freddo azzurro orizzonte
immaginario, in cui l’amata sfugge, già toccando con la punta
delle dita il suo destino: un piccolo ramo di alloro sarà la
salvezza dall’amore estremo e l’incoronazione della poesia.
La
stessa poesia si può immaginare e leggere attraverso le Veneri
eseguite dall’artista: sono delle fonti di energia, racchiudono
sentimento, emozione e personalità distinte, legate a dei momenti
sempre realmente vissuti e sentiti, universali e consacrati dal
pennello, secondo una linea di storia vera che lega l’uomo e la
donna, mortali e divini, a formare un connubio che scorre perenne
attraverso le stagioni, attraverso la vita.
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