Giovanni Cavazzon
Testi critici


STEFANIA VOLPE
Apollo e Dafne.

Una mano tesa riempie il vuoto fra la donna-ninfa e una sagoma riconoscibile solo nel profilo, simbolo di giovinezza e bellezza, inventore della lira, quello strumento che sporge a lato uscendo dallo spazio dell’opera: la storia di Apollo e Dafne continua, è senza alcun limite di conoscenza e di tempo. Tutto è racchiuso in una cassa vissuta, che diviene una dimensione successiva a quella dell’opera, dove il mare e il cielo aumentano gradatamente il loro effetto di lontananza, creando quel freddo azzurro orizzonte immaginario, in cui l’amata sfugge, già toccando con la punta delle dita il suo destino: un piccolo ramo di alloro sarà la salvezza dall’amore estremo e l’incoronazione della poesia.
La stessa poesia si può immaginare e leggere attraverso le Veneri eseguite dall’artista: sono delle fonti di energia, racchiudono sentimento, emozione e personalità distinte, legate a dei momenti sempre realmente vissuti e sentiti, universali e consacrati dal pennello, secondo una linea di storia vera che lega l’uomo e la donna, mortali e divini, a formare un connubio che scorre perenne attraverso le stagioni, attraverso la vita.




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