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SABRINA
ZANNIER
Romanticismo,
eros, spiritualità nella pittura di Giovanni Cavazzon
è
il titolo della nutrita ed esauriente monografia edita dalle
edizioni d’arte Ghelfi di Verona, dedicata all’opera
dell’artista dall’Associazione culturale Liciniana di
Martignacco.
Curato da Giorgio Ghelfi, presentato da Licio
Damiani con un lungo saggio che suddivide l’opera in capitoli
tematici, poi approfonditi nei numerosi testi dell’antologia
critica, il volume illustra l’opera di Cavazzon dagli anni
Novanta ad oggi. Non si tratta di un catalogo, dove un breve testo
introduttivo apre la visione delle opere, bensì di un vero e
proprio libro in cui le riflessioni critiche a più voci danno
corpo alla teorizzazione dell’intera produzione artistica
suddividendo il volume in due parti uguali.
Nato nel 1938 in
provincia di Varese, trasferitosi con la famiglia negli anni
Cinquanta a Parma e giunto in Friuli nel 1967, dove da allora vive
e opera, Giovanni Cavazzon ha da subito applicato la sua passione
per l’arte intraprendendo studi di scenotecnica, che risuonano
in una produzione pittorica votata a squarci teatrali e filmici,
come ben sottolinea Damiani. Squarci aperti, come finestre, sulla
memoria di luoghi, accadimenti, persone e personaggi, della vita
quotidiana, dell’arte e della sacralità. Squarci figurativi
affiancati sul filo rosso stilistico teso fra disegno, pittura e
scultura, e sviluppati sul dialogo concettuale che intreccia,
all’insegna di un carezzevole romanticismo, la mollezza erotica
della carne con l’impalpabilità dello spirito.
Dai
Portali,
dalle Finestre
e
dai Muri
alle
insolite Baccanti
con
reggiseno e calze autoreggenti, fino alle Venus
in
cui l’impronta neoclassica è animata dalla trepidazione carnale
che pulsa dalla verità del quotidiano, i dipinti e i disegni di
Cavazzon spingono l’occhio, la mente e il tatto nel realismo del
vissuto. Un vissuto accolto e interpretato, sondato di vólto in
vólto nella lunga carrellata di ritratti che congelano,
nell’istantanea dell’espressione, l’intensità psicologica
ed emotiva dell’effigiato. Un vissuto che a volte Cavazzon
traduce ironicamente attraverso gesti e pensieri simbolici. Basti
pensare alle immagini impaginate in una scatola lignea che fa il
verso alle casse d’imballaggio dei capolavori della storia
dell’arte, alludendo al loro trasferimento verso le grandi
mostre che attraggono le masse. Su quelle immagini l’artista
inserisce i titoli usando i caratteri utilizzati dagli
spedizionieri, sul lato inferiore ammassa granuli di polistirolo
come se l’opera fosse appena stata sballata, appone timbri e
sigilli di gallerie civiche con tanto di stemmi comunali. Senza
nulla togliere al virtuosismo segnico che contraddistingue le sue
figure, e alla levità pulviscolare dell’impianto cromatico, in
questi lavori Cavazzon amplifica il suo realismo attraverso
un’acutezza critica tesa a sottolineare come in fatto di arte (e
non solo) oggi più che mai la certificazione della qualità viene
prima della qualità stessa.
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