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DOMENICO
DE STEFANO
Cavazzon: l’arte come vita
Giovanni
Cavazzon è presente da circa trent’anni nel panorama artistico.
Finora egli è conosciuto soprattutto per i ritratti di personaggi
spesso illustri, opere che nascono dalla sua esigenza di stabilire
un rapporto più intimo con l’uomo.
In essi tecnicamente
Cavazzon rivela sempre la piena padronanza del mezzo, a creare
morbidi effetti luministici e delicate trasparenze attraverso un
sapiente e delicato gioco della velatura, resa con acrilici, con
l’uso della matita, con l’inchiostro o ancora attraverso
sottili strati di olio di lino molto diluito. L’artista sa
delicatamente e dolcemente sfumare gli elementi dell’immagine,
realizzare effetti di eleganza utilizzando sottilissimi pennelli
attraverso i quali tratteggia le forme della figura, variando
l’intensità e il tipo di tratto, l’addensamento dei segni e
la pressione sul mezzo. Alle radici di questa ricerca c’è la
sua giovanile attività di scenografo, che egli eredita nella sua
pittura e nel disegno per l’attenzione rigorosa ai fenomeni
luminosi, all’evanescenza o alla solarità della luce, così da
realizzare figure che non risultano mai semplici copie dal vero
(Cavazzon è artista). Esse sembrano silenziosamente dissolversi
come fantasmi perché alla fine emerga sempre in primo piano
l’espressività dello sguardo che rivela lo scavo psicologico
del soggetto da parte dell’autore e che fa da contrappunto al
peso del bianco del foglio o della tavola. A volte lo stesso
soggetto viene sdoppiato per porgere la figura in più
sfaccettature, proprio come se fosse un personaggio teatrale, a
rilevarne l’intimità e l’interiorità dietro la maschera.
Spesso in queste opere si può leggere un atteggiamento di sottile
ironia (o di autoironia), che rivela da parte dell’artista una
sorta di narcisismo e di autocompiacimento. Essa può volgersi non
solo verso il quotidiano, ma anche verso l’antichità classica,
dal momento che in Cavazzon lo studio dell’antico è sempre
dotato di una forte carica di attualità e non diventa mai
semplice modello da imitare esclusivamente nelle forme
armoniosamente proporzionate, nello spazio armonico e unitario,
nello studio dei canoni proporzionali e nelle eleganti cadenze
lineari. L’aspetto di originalità di Cavazzon sotto tale punto
di vista si coglie in primo piano nella splendida opera Baccanti,
dalle euritmie classiche, dove le tre figure sono avvolte in una
luce artificiale ed immagata nelle preziose tonalità dei rossi,
arancio e rosati, e immerse in uno scenario irreale da svanire con
la loro eterea bellezza. Più in generale, comunque, i soggetti
preferiti da lui ritratti sono le figure femminili (anche i nudi)
con le quali noi instauriamo un dialogo visivo intenso da
proiettare su di esse i nostri desideri. La donna accetta di
essere ritratta anche nei suoi aspetti più intimi, è simbolo
della vita e dell’amore che porta in grembo, e Cavazzon ricerca
nel suo sguardo i risvolti più nascosti, dolci e sensuali allo
stesso tempo. Il suo è un lavoro d’introspezione e di indagine
psicologica: ecco il ritratto di Paola Borboni, allora novantenne,
così disponibile a mettersi in posa nel suo lato ancora
civettuolo; ecco la splendida Dalila Di Lazzaro colta nella sua
bellezza, vivacità ed eleganza; ecco Alessandra Guerra effigiata
sia nei suoi momenti sereni e nella sua femminilità, sia colta
come “vittima” delle preoccupazioni e delle responsabilità
che derivano dal suo incarico nel mondo politico (non c’è
comunque condanna qui, piuttosto partecipazione); ecco ancora
Giannola Nonino, raffigurata in un’espressione enigmatica. I
ritratti femminili sono completati da figure di anziane donne
friulane immortalate nella loro ferma dignità dopo che avevano
appena attraversato le angosce del terremoto e della madre
dell’artista, austera nelle fattezze del volto e dove le mani
così in evidenza vogliono ricordare il suo assiduo mestiere di
sarta. Il ritrattista Cavazzon si pone in diretto contatto con il
vissuto e ciò traspare anche nelle figure maschili, come Gastone
Moschin: ogni suo personaggio mostra una sua storia passata con le
proprie esperienze. Questo operare rispecchia l’anima di
Cavazzon, il quale non ha mai vissuto il presente pensando subito
al futuro, ma lo ha sempre trascorso riferito al passato per
capire meglio se stesso e quindi guardare oltre con rinnovata
fiducia. In particolare l’arte è per lui in modo di vivere per
eccellenza: fin da giovane egli è rimasto affascinato da
Vespignani e Doninzetti, con i quali ha avuto contatti, è stato
allievo di Lilloni e Vernizzi, è rimasto subito impressionato da
maestri quali Celiberti e Zigaina, per cui ha sempre posto il
disegno alla base della sua pittura (belli infatti i suoi disegni
che affrontano temi caratteristici della sua arte), anche durante
la sua esperienza che gli piace definire “informale”, quella
da lui abbracciata (tanto per intendersi) nella seconda metà
degli Anni Settanta. La produzione più recente di Cavazzon si è
concentrata molto su composizioni acriliche, con interventi
dell’olio e anche dell’inchiostro, realizzate su tavola o su
carta, dove le cromie intense e vibranti sono dotate di quella
luminosità tipica della pittura acrilica. Qui gli sfondi di muri,
finestre di abitazioni abbandonate o imprecisati orizzonti
all’aperto sembrano geometricamente disporsi in campiture spesso
mosse e cangianti per gli effetti della luce, composte di colori
tra loro contrastanti che si esaltano vicendevolmente; su di esse
emergono in primo piano composizioni con girasoli, viti o fiori
che vibrano nella loro dimensione lirica, gioiosa, vitalistica,
avvolte nella ricchezza di azzurri, rossi, gialli, verdi, grigi e
neri. La voglia di immediatezza e il desiderio di libertà, il
contatto sincero, vitale ed energico col pennello, la spatola, il
colore e il supporto conducono Cavazzon in queste sue
realizzazioni ad ampliare il gesto diventato più immediato e
veloce, a creare esaltanti ritmi cromatici di contrappunto, così
vitali nella loro ricchezza di preziosi, dolci e cangianti
tonalismi, che si accendono e si spengono, mutevoli nelle loro
gradazioni cromatiche. Essi tendono a fondersi e trapassano l’uno
nell’altro a creare modulazioni molto dolci, che però esplodono
all’improvviso in rossi che diventano infuocati, in profondi
neri o ancora in azzurri che si fanno violenti ed energici.
Cavazzon, in queste operazioni, dimostra sempre la finezza tecnica
dell’esecuzione in opere dal saldo e meditato impianto
compositivo; l’artista utilizza sempre le velature a fondamento
della propria opera pittorica, per cui, attraverso la
sapiente sovrapposizione di vari strati di colore, il dipinto
definitivo è vivace, di immediato impatto visivo, ricco di trame
e studiati effetti luministici nei riflessi prodotti dalla luce
sulla superficie e nelle vaporosità in cui i contorni tendono a
sfumare. La scelta dei temi di queste opere si spiega ancora con
il fatto che questo artista ricerca da sempre con l’opera il
contatto con la vita: i girasoli sono avvizziti, non rigogliosi in
campi assolati, ma essi ora portano con sé il seme della vita; la
rosa incarna nella sua freschezza la bellezza dell’attimo
fuggente; i tralci mostrano un’energia intrinseca da cui si
produce il frutto dell’uva; i muri, con gli annessi numeri
civici, racchiudono nell’abitazione una famiglia che deve avere
la forza di ricominciare dopo una disgrazia (sono stati suggeriti
al pittore dal terremoto del 1976) con la forza ed il lavoro.
Allora l’opera di Cavazzon diventa un gioco ambiguo, ma senza
ironia, nella ricerca degli estremi e delle spinte che oscillano
tra evoluzione e involuzione, fine e rinascita, vita e morte con
la prima che comunque trionfa sempre. L’artista si immedesima
profondamente con la sua opera da essere quasi in trance durante
l’atto di dipingere o di disegnare realizzando un vero binomio
arte-vita, da dimenticare tutto ciò che lo circonda ed essa, alla
fine, nel suo vitalismo è sempre dominata dai mezzi tecnici di
Cavazzon. Egli in questa sua produzione è pervenuto ad esiti di
sicuro interesse sia artisticamente sia per forza espressiva,
giungendo nei suoi dipinti più recenti (Recinto,
Muro,
Finestra,
Nostalgia,
La
zucca,
Cancello)
ad effetti di maggior sintesi formale e a momenti di alta
intensità poetica. Un’opera come Nostalgia
si
gode subito nella preziosità dei bianchi, dei verdi, dei rossi e
dei gialli, fa colpire immediatamente il fruitore generandogli
inizialmente un senso di gioia per il suo respiro primaverile;
tuttavia, continuando a guardare l’opera, tale stato d’animo
si trasforma in nostalgia accarezzata da un ricordo lontano, forse
riferito ad un affetto che si è perduto, aspetto questo
accentuato da quella sedia vuota che ha il sapore delle cose
lontane e passate. Dall’opera trapela un senso di misteriosa e
di silenziosa sospensione, mentre essa comunica con noi
costantemente da evocarci di momento in momento le più diverse
emozioni.
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